Ecco bruma e libeccio sulle dune sabbiose che lingueggiano e là celato dall'incerto lembo o alzato dal va-e-vieni delle spume il barcaiolo Duilio che traversa in lotta sui suoi remi; ecco il pimento dei pini che più terso si dilata tra pioppi e saliceti, e pompe a vento battere le pale e il viottolo che segue l'onde dentro la fiumana terrosa funghire velenoso d'ovuli; ecco ancora quelle scale a chiocciola, slabbrate, che s'avvitano fin oltre la veranda in un gelo policromo d'ogive, eccole che t'ascoltano, le nostre vecchie scale, e vibrano al ronzìo allora che dal cofano tu ridésti leggera voce di sarabanda o quando Erinni fredde ventano angui d'inferno e sulle rive una bufera di strida s'allontana; ed ecco il sole che chiude la sua corsa, che s'offusca ai margini del canto - ecco il tuo morso oscuro di tarantola: son pronto.
E. Montale (da LE OCCASIONI)
... cupole di fogliame da cui sprizza una polifonia di limoni e di arance e il velo evanescente di una spuma, di una cipria di mare che nessun piede d'uomo ha toccato o sembra, ma purtroppo il treno accelera...
Là fuoresce il Tritone dai flutti che lambiscono le soglie d'un cristiano tempio, ed ogni ora prossima è antica. Ogni dubbiezza si conduce per mano come una fanciulletta amica. Là non è chi si guardi o stia di sé in ascolto. Quivi sei alle origini e decidere è stolto: ripartirai più tardi per assumere un volto.
Domani o dopo farà brutto tempo: questa sera al tramonto si vedevano i monti di Livorno. E quella era la Corsica, un pensiero di isola. Le cave erano neve, lampi i vetri dei borghi. Dagli archi di Appennino il tramontano trema fino al fiume, aguzza gridi e lumi. Questa notte udiremo cigolii di catene e cime, tonfi agli scali, di legni. In sonno, sarà autunno; e in cuore un mare docile a navigare - - tuono all'alba e libeccio. (da POESIE ED ERRORE)